Volo a Biandronno

 

SAVOIA  S 22    1921

Per l’edizione Schneider del 1921 la S.I.A.I. si desiderava presentarsi con l’S 21 e l’S 22. Oltre alla velocità pura il regolamento di gara imponeva l’obbligo di carico aggiuntivo. Per soddisfare quest’ultimo e in vista di un utilizzo commerciale, l’ing. Conflenti progettò l’S 22 con 2 motori e fu il primo esempio di installazione multipla  nelle potenze motrici  impiegate per la Schneider. Questa soluzione doveva aumentare la sicurezza in caso di arresto di un motore e migliorare la coppia di reazione. Per la disposizione in tandem uno con elica trattiva e l’altro con elica propulsiva furono installati 2 Isotta Fraschini V 6 da 300 cv ciascuno azionanti eliche quadripale accuratamente carenati con i radiatori laterali. Le ali avevano apertura uguale e parallele. Un solo paio di puntoni verticali estremi coadiuvato da due puntoni sottili a metà campata costituivano le controventature a x  funicolari. La coppia motori era sostenuta da una robusta capra davanti alla quale era sistemato il posto di pilotaggio. La fusoliera, monocarena, aveva una discreta capacità tanto da poter essere adattata al trasporto di 8 passeggeri. Gli impennaggi sistemati all’estremità della fusoliera che si assottigliava oltre il redan, erano di tipo classico controventati. Tutta la struttura era in legno e il rivestimento in tela. Due galleggiantini  e due alettoni all’estremità delle ali inferiori e  completavano la stabilità in decollo e in volo. L’apertura alare era di 19 m la lunghezza 13,3 m altezza 4,75 vel. Max. 230 km/h  potenza 600 cv. Presentato al Meeting di Monaco e collaudato con esito soddisfacente dai piloti Maddalena e Jannello fu iscritto con il n° di gara 19 e destinato a Umberto Maddalena. Purtroppo andò perduto nel Lago Maggiore  durante un volo di prova e non se ne fece più nulla essendo unico esemplare. Scarsissima la documentazione disponibile con due sole foto in b. e n. Attratto dalla finezza aerodinamica e dalla sua ingloriosa fine ne realizzai  nel 1989 il modello volante radioguidato in scala  1 : 7.5 con 2 motori OS 91  4 tempi (eliche 13x6) e come l’M 7 ,al quale si ispira per i dettagli costruttivi, vola tuttora nei vari  idromeeting. La tragedia della sua scomparsa, raccontata ai miei allievi dell’istituto Tecnico di Luino da me diretto che frequentavano il mio atelier di aeromodellismo dinamico, in occasione del Concorso “ Un volo di Classe “ ,nel 2008, ci ha dato la soddisfazione di vincere ,a pari merito  con l’Istituto Aeronautico Maxwell di Milano, e di soggiornare per  5 giorni a Rivolto ospiti della pattuglia Acrobatica Nazionale.  

Il Savoia S22 unico esemplare costruito

UNA MISTERIOSA TRAGEDIA DI 80 ANNI FA

Riportiamo il testo della monografia storica,presentata dagli studenti dell’I.S.I.S. che hanno vinto il concorso “Un volo di classe”, coordinati dal Preside Martegani, appassionato di aeronautica.
Sono purtroppo molte le disgrazie custodite dal nostro lago. Alcune attendono ancora risposte,come quella dell’aereo inabissatosi nel ’44 mentre da Sesto Calende tentava di raggiungere la Svizzera.
Altre giacciono sui fondali con vittime imprigionate. Ricordiamo ad esempio quella del piroscafo
Milano, della Locusta 19T, con 8 marinai e 4 finanzieri, imprigionati nello scafo mai localizzato.
Stessa sorte per il “Riva junior” con 9 vittime fra Castelveccana e le isole Borromee.
Del grosso biplano Savoia S22 non se ne è più parlato dal lontano 1921. Di qui l’iniziativa del Preside per coinvolgere un gruppo di alunni nella ricerca storica.
Esattamente 86 anni fa ,nelle acque profonde del Lago Maggiore tra Stresa e S.Caterina, si inabissava un grande ed elegante biplano della SIAI con due uomini. Le cause dell’incidente sono tuttora avvolte nel mistero.
Della loro sorte non si è saputo più nulla. L’idrovolante, di cui stiamo parlando, era il Savoia S-22 costruito in unico esemplare, nei cantieri di Sesto Calende nel 1920 su progetto dell’ing. Conflenti, per prendere parte all’edizione della Coppa Schneider di Venezia nell’agosto 1921.
L’edizione del 1920, la seconda dopo la prima guerra mondiale, vinta dal Savoia S-12 a una media oraria di 152 km/h, in condizioni pessime di tempo e di mare, con a bordo il sottotenente di vascello Luigi Bologna, imponeva, nel regolamento, un “carico commerciale”(zavorra inutilizzabile di 300 kg). La ditta sestese preparò, per la squadra che doveva gareggiare a Venezia, un S-21 e un S-22 rispettivamente per la gara di velocità pura e per quella con obbligo di carico. Per soddisfare quest’ultimo caso, in vista di un utilizzo commerciale futuro, l’ing. Conflenti fece costruire l’S-22 a scafo centrale con due motori. Si trattò del primo esempio di installazione multipla delle potenze motrici negli idrocorsa Schneider. Singolare fu anche l’abitacolo scoperto con il posto del pilota e del motorista. La soluzione dei due motori doveva anche aumentare la sicurezza in caso di arresto di uno di essi e la disposizione in tandem, un’elica trattiva e una propulsiva, doveva inoltre migliorare la controllabilità dell’aereo annullando l’effetto coppia. La carenatura dei motori, due Isotta FraschiniV6 bis da 300 HP ciascuno, raffreddati ad acqua e sostenuti da una robusta incastellatura, era ben studiata e si fondeva con la parte centrale sull’ala superiore. La fusoliera aveva una discreta capacità di carico e di galleggiamento, tanto da essere adatta al trasporto di otto passeggeri. In questo caso, i motori sarebbero stati sostituiti da due FIAT A-12bis più potenti.
In effetti dall’S-22 derivò l’S-24 per il trasporto civile. Conflenti curò molto l’aerodinamica. Ogni raffinatezza costruttiva era impegnata a ottenere la minor resistenza passiva. Gli attacchi tra i cavi e i montanti erano coperti da carenature e le eliche portavano ogive molto eleganti e penetranti.Le ali avevano la stessa apertura e quella superiore era un pezzo unico. Le controventature erano costruite da un paio di puntoni verticali estremi con una sola crociera di cavi, con montanti rompitratta al suo incrocio e alettoni solo sulle semi ali inferiori.
I motori erano raffreddati da due radiatori laterali di ampie dimensioni. Presentato al Meeting di Monaco,nell’aprile del 1921e portato in volo con esito soddisfacente da Jannello, fu assegnato al pilota Umberto Maddalena e iscritto alla gara internazionale di Venezia con il numero 19. Risultò però il17°idrovolante della lista.Un numero il 17 che ancora una volta confermerà la triste fama. In un volo di prova,prima del trasferimento a Venezia,il mattino del 28 Luglio,dopo essere decollato dallo scalo di S. Anna con a bordo il pilota Triestino Gianni del Maschio e il motorista Pietro Grippa, forse per uno stallo d’ala,giunto sopra Stresa,si infilava nelle acque del lago, come riportato dalla Cronaca Prealpina del 29 luglio.
La laconicità del cronista di allora, nel descrivere l’incidente, senza accennare che si trattasse del Savoia S-22, progettato e costruito appositamente per la Coppa Schneider, può essere giustificata dal fatto che, in quegli anni (siamo nel primo dopo guerra), venne ripresa con poca convinzione una competizione sportiva iniziata nel 1913.
L’importanza che questa gara avrebbe assunto successivamente non fu subito chiara e le “cose” aeronautiche non suscitavano allora l’interesse di oggi. Pochi rottami e il casco del pilota ,fu tutto quello che si recuperò del più grande idrocorsa iscritto a una gara di velocità pura originale per essere stato il primo bimotore Schneider.
Fu un brutto colpo per la SIAI che già si stava affermando in Italia, e nel mondo, e per l’ing. Conflenti che chiudeva la sua carriera sfortunatamente a Sesto, prima di passare alla francese
CAMS(Chantiers Aereo Maritimens de le Saine).
Una lapide tuttora visibile venne murata nel cimitero di Sesto Calende,esattamente il 5 Febbraio 1922 nel corso di una cerimonia commemorativa.
Riportava la seguente scritta:”abbiano qui onorata memoria i nomi degli aviatori Gianni del Maschio e Pietro Grippa che ardimentoso dovere travolse dal dominio dei cieli all’abisso inesorabile delle onde nei pressi di Stresa. Addì 28 Luglio 1921 questo ricordo posero vecchi colleghi e amici”.
Oggi a distanza di più 80 anni ,il fondo del lago conserva i resti dei motori e dei due piloti. Le parti di legno e tela si saranno disintegrati. Le tecniche di ricerca subacquea di allora non disponevano di batiscafi e telecamere. Il punto di impatto preciso non fu mai localizzato e le profondità di quel tratto di lago sono notevoli.